L’embolizzazione dei fibromi uterini viene principalmente indirizzato alle donne non in aspettativa di gravidanza, con fibromatosi multipla e rappresenta una valida alternativa all’isterectomia.
L’intervento consiste nella puntura in anestesia locale dell’arteria femorale o ascellare e quindi nell’incannulare selettivamente le arterie uterine bilateralmente iniettando delle microparticelle di calibro variabile (da 300 a 1000 μ) che bloccheranno unicamente la vascolarizzazione a livello dei fibromi garantendo la vascolarizzazione del tessuto uterino sano. Questo comporterà una progressiva riduzione dimensionali dei fibromi e quindi dell’utero, con riduzione progressiva dei sintomi.
È necessaria una notte di degenza ed un adeguato supporto terapeutico antidolorifico nelle prime fasi dopo l’intervento che possono essere caratterizzate da una intensa sintomatologia dolorosa se non gestita da specialisti anestesisti alla cui cura verranno affidati i pazienti nel post-operatorio.
La collaborazione con lo specialista ginecologo è fondamentale nella selezione della paziente e nella gestione del decorso post-procedurale insieme agli anestesisti.
Il ritorno alla vita normale avviene in pochi giorni dall’intervento.
Il ruolo principale è nella menometrorragia (sanguinamento uterino prolungato o eccessivo che si verifica in modo irregolare e più frequentemente del normale in fase mestruale) con conseguente anemia sideropenica ed in pazienti con pregressa chirurgia non risolutiva.
Il ruolo della UFE nelle donne con aspettativa di gravidanza non è ancora ben delineato. Può anche avere effetti peggiorativi ma il meccanismo appare incerto.
Non dovrebbero essere trattate pazienti con scarsa vascolarizzazione alla risonanza magnetica (RM) con mdc.
Controindicazioni:
- Gravidanza, sospetto di malignità, infezioni utero/annessi, ipertiroidismo/tiroidite concomitante.
Complicanze:
- Acute: dolore, sindrome post-embolizzazione (febbricola serotina per 5-7 gg), sanguinamento settico, ematoma sito di puntura.
- Subacute-croniche: amenorrea, endometrite, ritenzione urinaria, espulsione di materiale necrotico, ascesso tubo-ovarico, rottura dell’utero e necrosi uterina.
L’espulsione del fibroma, documentata nel 2.2-7.7% dei casi è stata documentata fino a dopo tre anni dall’intervento e non richiede in genere ulteriori trattamenti.
Rispetto alla chirurgia nella fascia di pazienti senza aspettativa di gravidanza i risultati in termini sintomi correlati ai fibromi ed alla qualità di vita sono sovrapponibili. Tuttavia rispetto alla isterectomia il rischio di reintervento a 5 aa è del 35%.
Pazienti con pregressa embolizzazione sono a rischio di presentazione anomala del feto, parto pretermine, parto cesareo, ed emorragia post-partum motivo per il quale si preferisce evitare tale procedura nelle pazienti giovani con aspettativa di gravidanza.
Risultati:
- Riduzione della menorragia in circa 80-93% dei casi e riduzione del volume dei fibromi nel 50-78%.
- Riduzione del volume dell’utero del 50% a 3 mesi e 65% a 6 mesi.
- Sicuro miglioramento della qualità di vita.
La RM è la metodica di scelta nella valutazione pre-trattamento nell’embolizzazione dei fibromi uterini. Può valutare le caratteristiche dei fibromi e quindi la percentuale di successo della procedura, così come il potenziale rischio di avere delle complicanze.
È importante infatti diagnosticare i fibromi peduncolati sottosierosi o sottomucosi con un peduncolo stretto. È stato fatto dimostrato come i fibromi sottosierosi peduncolati con un peduncolo più largo di 2 cm sono a basso rischio di complicanze serie, motivo per il quale il diametro del peduncolo deve essere riportato nel referto della RM. Nel caso dei fibromi sottomucosi quale esito dell’embolizzazione nei giorni successivi si può avere anche l’espulsione di materiale necrotico dalla vagina.
Nel caso dei fibromi sottomucosi la RM serve ad identificare quei fibromi che dopo la procedura possono diventare intracavitari. Il rischio può essere quindi calcolato dal rapporto tra il valore delle dimensioni massime del fibroma (D) con il valore dell’interfaccia con l’endometrio (I).
Propedeutico al trattamento è quindi l’esecuzione di un esame RM della pelvi con mdc che servirà a delineare il quadro della fibromatosi e quindi ad evitare interventi inutili.
Tab 1.
Caratteristiche del referto RM nel caso di valutazione pretrattamento con embolizzazione dei fibromi uterini
Caratteristiche | Referto RM |
---|---|
Dimensioni dell’utero | Diametro massimo includendo la cervice |
Numero dei fibromi | Stima del numero massimo dei fibromi |
Sede di ogni fibroma | Intracavitario, sottomucoso, intramurale, sottosieroso, peduncolato |
Dimensioni dei fibromi | Dimensioni massime dei tre fibromi più grandi |
Spessore del peduncolo | Dimensioni della base del peduncolo |
Estensione dell’interfaccia sottomucosa | Dimensioni dell’interfaccia sottomucosa |
Caratteristiche dell’enhancement | Percentuale dei fibromi vascolarizzati |
Presenza di adenomiosi | Spessore del miometrio interno e presenza di eventuali ghiandole ectopiche |
Presenza di rami ovarici parassiti, masse annessiali, anomalie dell’endometrio |
Fig. 1
Cateterismo selettivo delle arterie uterine e superselettivo dell’arteria uterina di sinistra con embolizzazione mediante microparticelle da 500-700 micron per la presenza di anastomosi utero-ovariche.
Fig. 2
RM con mdc prima e 1 mese dopo l’intervento. È evidente una necrosi dei fibromi trattati con riduzione volumetrica dell’utero.