Radiologia interventistica oncologica

La radiologia interventistica è nata gli anni 60 quando Charles Dotter dilatò con un catetere a palloncino una stenosi serrata della arteria femorale superficiale responsabile di una dolorosa ischemia con gangrena mentre Joseph Roche effettuò la prima embolizzazione della arteria gastroduodenale per un sanguinamento. All’inizio degli anni 70 Sydney Wallace è stato invece pioniere della chemioterapia infusionale intra-arteriosa di varie forme tumorali.

I primi report di una chemioembolizzazione con Lipiodol sono stati pubblicati in Giappone nei primi anni 80 quando oggi tale procedura viene raccomandata nelle linee guida del trattamento del carcinoma epatocellulare e delle metastasi da tumori neuroendocrini di molte società scientifiche internazionali.
Il trattamento ablativo dei tumori epatici è iniziato con l’iniezione locale dell’alcol seguita successivamente dalle prime ablazioni con calore con la cosiddetta radiofrequenza iniziata a metà degli anni 90 grazie soprattutto alla Scuola italiana.
Dal fegato all’inizio degli anni 2000 si è quindi passati al trattamento dei tumori del polmone, quindi del rene e delle metastasi ossee.
L’interventistica oncologica è quindi evoluta rapidamente diventando una specialità in grande crescita, minimamente invasiva che nel corso degli anni ha visto salire in maniera drammatica il numero di pubblicazioni sulla National Library of Medicine.
In particolare il numero delle pubblicazioni “interventional AND oncology” è incrementato da 580 a 1569 del periodo 2005-2015.
Tali procedure, sulla spinta della industria, sono rapidamente andare incontro ad uno sviluppo tecnologico che ha portato all’affermazione di tecniche ablative quali l’ablazione a a radiofrequenza (RFA), l’ablazione a microonde (MWA), la Crioablazione (CRA) e la Elettroporazione Irreversibile (IRE).
Nel campo della chemioterapia infusionale del fegato sono state sviluppate delle microparticelle da precaricare con il farmaco preventivamente e successivamente rilasciate a livello dell’arteria epatica durante l’esame angiografico con la duplice finalità di creare sia un’ischemia che una chemioterapia intrarteriosa locoregionale.
Il radiologo interventista quindi oggi effettua degli interventi terapeutici in maniera mini-invasiva, mediato e coadiuvato dalle immagini quali la TC, i raggi X (fluoroscopia), la RM e gli ultrasuoni (ecografia).
Tutti gli interventi vengono per tale motivo effettuati senza incisioni sulla cute del paziente e senza ricorrere a strumenti quali il bisturi ma effettuando unicamente dei piccoli fori sulla cute del paziente che nella maggior parte dei casi non richiedono neanche una sutura.
Il radiologo interventista devi quindi avere padronanza completa delle moderne tecniche dell’Imaging e al tempo stesso acquisire una conoscenza completa dell’oncologia e dei molteplici approcci terapeutici effettuati dai diversi specialisti (chirurgo, radioterapista, oncologo) che concorrono al miglioramento della prognosi di questi pazienti. È compito quindi del radiologo interventista partecipare alle riunioni multidisciplinari, prendersi cura del paziente attraverso delle consulenze ed effettuando egli stesso il controllo con l’Imaging dei pazienti trattati sia durante l’ospedalizzazione che nel follow-up.
Il radiologo interventista effettua trattamenti direttamente a livello del tumore mediante farmaci, agenti embolizzanti, ablazioni dirette del tumore con aghi a 90°C (termoablazione) o -40°C (crioablazione) limitando al massimo il danno ai tessuti circostanti la neoplasia e migliorando in questa maniera la qualità di vita dei pazienti oncologici.
Il radiologo interventista concorre inoltre alla gestione terapeutica di tutte le problematiche inerenti la patologia oncologica quali ostruzione delle vie biliari, ostruzione delle vie urinarie, drenaggi di raccolte, embolizzazione dei sanguinamenti, posizionamento di sonde specifiche per l’alimentazione, stabilizzazione delle fratture vertebrali e gestione del dolore neuropatico.
In questa maniera il radiologo interventista concorre al miglioramento della prognosi dei pazienti oncologici.

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